19 aprile 2024

ECCO PERCHE' VETERO-CLERICALI, FASCISTI E LIBERISTI NON AMANO FRANCESCO

 


IL MUSEO PITRE' A PALERMO

 


Bisogna ritornare al Museo etnografico Pitrè, il nuovo allestimento mette in valore la ricchissima collezione e il luogo è pieno di fascino.


UN RICORDO DI EDUARDO GALEANO





Una milonga per Eduardo Galeano

di Fabio Stassi

Montevideo è un balcone triste, un pianoforte di ciliegio nero, una città di doppi fondi segreti e di segrete lacerazioni. Così l’ho sempre immaginata attraverso i racconti di mia nonna, e quelli di Felisberto Hernandez o di Mario Benedetti. Così la immagino ora, alla notizia della morte di Eduardo Galeano, mentre mi risale alla coscienza il verso di una canzone di Vinicius de Moraes: “Lascia la lampada accesa, se un giorno la tristezza vorrà entrare”.
Stasera Montevideo è la lampada accesa della stanza 503 del sanatorio 2 del Casmu, il Centro de Asistencia del Sindicato Médico del Uruguay, dove Eduardo Galeano era ricoverato da una settimana, nel barrio della Blanqueada in Avenida 8 de octobru. L’ospedale non è distante dall’Avenida General Garibaldi e dal Gran Parque Central, lo stadio della squadra di cui Galeano era tifoso sin da ragazzo, il Club Nacional de Footbal.
Era nato in quella città nel 1940 e aveva avuto una geografia del sangue mista e desterrada: gallese, tedesca, spagnola e italiana. Ma per scrivere aveva scelto il nome della madre. Il cancro lo aveva colpito ai polmoni. Un primo intervento nel febbraio del 2007, e dopo il consueto e feroce tariffario della malattia: gli esami, le terapie, le altre operazioni.
Diceva di avere appreso l’arte di narrare nei vecchi caffè di Montevideo, e che la sua università erano stati quei posti allagati da una luce così forte da ingiallire i sorrisi alle donne e da ombre tanto estese e nette da tracciare la mappa e i contorni della nostra locura. Per uno come lui, la memoria era una bettola straripante di voci, di amici e di musica. Una lanterna degli affogati, dove ogni ricordo è il soffio di una diceria. La sua adolescenza e giovinezza di operaio e portalettere, cassiere di banca e pittore di insegne, dattilografo e imbianchino. Un fumetto politico venduto a 14 anni all’organo del Partito Socialista uruguayano. E poi le prime avventure di cronista, i giornali fondati e diretti, le collaborazioni. L’idea di tentare una grande angiografia letteraria di un continente e di chiamarla Le vene aperte dell’America Latina. E subito dopo la censura, il carcere, le fughe. Da una dittatura all’altra. La condanna degli ” escuadrón de la muerte” di Videla e il riparo in Spagna. E il tiro di dadi di un’altra impresa, ancora più spericolata e gigantesca: racchiudere in tre libri La memoria del fuoco e comporre così gli annali del Nuovo Mondo, dalla creazione e la scoperta fino al secolo del vento e al suo definitivo ritorno a Montevideo nel 1985. Senza nessuna pretesa di neutralità. Perché la storia non è neutrale, e Galeano lo ha sempre saputo e sempre ha preso partito, e raccontato ogni cosa a modo suo, dal massacro di Tlatelolco del 1521 a quello degli studenti di Città del Messico nel 1968, consumatosi nello stesso posto. Sacrilegi, profezie, colonie e rivoluzioni, guerre di corsa e colpi di tacco, perdite e riconquiste. La spoliazione e lo scialo. Il fiato e la dignità.
Da allora, ogni libro fu per lui la fine di un esilio. Si consacrò alla brevità come Borges, lo scrittore dell’altro lato del mar del Plata, ma dilatandola a dismisura fino a gareggiare in estensione e fiato con il romanzo, la storiografia, la saggistica e le opere degli antichi. La sua scrittura, senza mai smettere di essere denuncia e affrancamento, divenne almanacco, diario, cronaca, scatto fotografico e aneddoto, paradosso e capriola, libro degli abbracci e labbra del tempo, specchio, splendori e miserie di un gioco e di un’intera epoca e inesausto esercizio di speranza e di lucidità.
Aveva lo sguardo oceanico puntato sempre contro l’orizzonte dell’utopia.
Per tutto questo, stasera, terrò una lampada accesa sul tavolo, a migliaia di chilometri dalla luce della sua stanza in un sanatorio di Montevideo, lasciando entrare la tristezza e respirando a pieni polmoni le tante parole che ha scritto e che ora sono l’ultima rimessa della sua voce. Tenendo bene a mente, come diceva lui, che il verbo ricordare viene dal latino re-cordis, e significa ripassare dalle parti del cuore.

da  http://www.minimaetmoralia.it/

INDEGNI e INDIGNATI

 


18 aprile 2024

IL PIANETA HA UN CLIMA DIVERSO

 



Il pianeta ha un clima diverso


Alberto Castagnola
17 Aprile 2024

Industria e criminalità organizzata estraggono ogni giorno immense quantità di sabbia dai fiumi e dalle coste, devastando ecosistemi e comunità, soprattutto in Marocco. La sabbia è la risorsa primaria per la produzione del cemento e il settore edilizio globale è in rapida crescita da decenni. Solo l’acqua supera questo consumo… Dietro il riscaldamento senza precedenti degli oceani, il ritiro dei ghiacciai e l’aumento degli eventi estremi registrati in tutto il mondo negli ultimi 14 mesi, a causa dei cambiamenti climatici, c’è anche quell’attività estrattiva

Foto di Jandira Sonnendeck su Unsplash

Sono ormai più di due anni che le temperature dei principali fenomeni climatici presentano dati in continuo aumento, ma le fonti ufficiali e il mondo economico dominante evitano accuratamente di affrontare questi eventi che richiederebbero immediate e strutturali misure economiche contrarie ai loro interessi di breve periodo. Ma procediamo ad analizzare con ordine i principali fenomeni in atto.

Negli ultimi 14 mesi (gennaio 2023 – febbraio 2024) numerosi sono gli eventi climatici che caratterizzano una trasformazione planetaria oramai in atto.

Il riscaldamento senza precedenti degli oceani. Quasi un terzo degli oceani, più esattamente il 32%, è stato colpito quotidianamente da una ondata di calore, misurabile in 10 punti percentuali in più rispetto al record precedente registrato nel 2016. Oltre il 90% degli oceani aveva fatto registrare ondate di calore durante l’anno.

Il ritiro dei ghiacciai. Nel 2023 è stata registrata la maggiore perdita di ghiaccio nei ghiacciai, mai prima registrati nelle rilevazioni effettuate a partire dal 1950. In particolare, le perdite maggiori si sono registrate in Nord America (9%) e in Svizzera (10%). La perdita di ghiaccio in  Antartico è stata la maggiore mai prima registrata, con un massimo di estensione di circa un milione di Kmq, equivalente ai territori di Francia e Germania.

L’Organizzazione Meteorologica Mondiale ha reso noto che l’avanzamento degli eventi estremi, legati al clima, come le inondazioni, i cicloni, i temporali, le ondate di calore, la siccità e gli incendi, hanno aggravato l’insicurezza alimentare, le migrazioni e in genere gli impatti sulle popolazioni più vulnerabili.

Secondo un rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea), nel 2023 le emissioni globali di metano legate al settore dell’energia sono aumentati rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 120 milioni di tonnellate e restando vicine al record toccato nel 2019. È da notare che si tratta solo di una parte delle emissioni di metano, e che il metano è un gas serra molto più potente dell’anidride carbonica.

In base ai dati dell’Osservatorio europeo sul cambiamento climatico (EOCC) quello del 2024 è stato il mese di febbraio più caldo di sempre. La temperatura media dell’aria sulla superficie della terra è stata 13,54 gradi, lo 0,81 in più rispetto alla media del periodo 1991 – 2020 e 0,12 in più rispetto al record precedente, risalente al 2016. È il nono mese consecutivo a risultare il più caldo mai registrato. La temperatura media della superficie dei mari ha toccato un nuovo record assoluto di 21,06 gradi. In alcune aree geografiche le temperature hanno raggiunto livelli molto elevati: in India 48,2 gradi centigradi, in Tunisia 49,0 gradi, ad Agadir in Marocco 50,4 e ad Algeri 49,2. In Brasile, al termine della stagione estiva, si sono registrati 42 gradi, con una umidità superiore al 70%. La temperatura “percepita” a Rio de Janeiro ha raggiunto il 62,3 gradi. La temperatura media globale del pianeta ha superato di 1,45 gradi centigradi quella registrata prima dell’inizio della fase industriale.

Le mafie delle sabbie. La criminalità organizzata estrae sabbia dai fiumi e dalle coste, rovinando ecosistemi e comunità. Sono pochissime le persone che stanno procedendo ad esaminare da vicino il sistema illegale della sabbia o che richiedono di cambiarlo. Un problema sottovalutato? Il punto è che la sabbia può sembrare una risorsa di poco conto e illimitata, se si pensa solo a una mezza dozzina di grossi camion ribaltabili carichi di sabbia scura che venivano caricati in pieno giorno. Evidentemente l’azione era protetta da qualche grande impresa, o da personaggi altolocati, oppure, come spesso accade in Marocco, da trafficanti di stupefacenti. In questo paese esiste, grazie alle sue cave estese, la più vasta industria estrattiva del mondo. La sabbia è la risorsa primaria per la produzione del cemento e il settore edilizio globale è in rapida crescita da decenni. Ogni anno il mondo usa fino a 50 miliardi di tonnellate di sabbia, secondo un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, UNEP. Solo l’acqua supera questo consumo. Uno studio del 2022 dell’Università di Amsterdam ha concluso che stiamo dragando la sabbia di fiume a ritmi che superano di molto la capacità della natura di ripristinarla, al punto che il mondo rischia di esaurire la sabbia adatta all’edilizia entro il 2050.

La domanda maggiore di questa materia prima viene dalla Cina, una richiesta (6,6 giga tonnellate), nel periodo 2021 – 2023,  che supera notevolmente le quantità che gli Stati Uniti d’America hanno utilizzato nel corso di tutto il XX secolo (4,5 giga tonnellate); il valore delle importazioni è arrivato a 1,9 miliardi di dollari nel 2018, man mano che nei paesi si esaurivano le risorse interne. Anche il solo commercio legale è difficile da tracciare e potrebbe aver superato gli 800 miliardi di dollari già nel 2018.

Un’altra fonte stima che l’importo globale del commercio illegale di sabbia sia compreso tra i 200 e i 350 miliardi di dollari l’anno: più delle attività relative a tagli degli alberi, estrazione dell’oro e pesca messi insieme. Gli impatti ambientali causati sono pesanti. Dragare i fiumi distrugge estuari e habitat e conseguentemente aggrava le inondazioni. Erodere gli ecosistemi costieri sconvolge la vegetazione, il suolo e i fondi marini e danneggia la vita dei mari. In alcuni paesi l’estrazione illegale costituisce un’ampia parte di quella totale e il suo impatto ambientale è spesso più grave di quello dovuto agli operatori legittimi, sostiene l’esperto Beiser.

La sabbia è costituita da varietà diverse di materiali duri in granuli, come sassi, conchiglie o altro, di diametro inferiore a 2 millimetri. Quella di qualità fine è usata per fare il vetro e quella ancora più fine per costruire i pannelli solari e i chip di silicio per l’elettronica. La più adatta per l’edilizia è quella a granelli spigolosi, che favoriscono la presa della miscela cementizia. La sabbia di fiume è preferita a quella costiera, anche perché quest’ultima, prima di essere utilizzata, va lavata per liberarla dal sale. Se viene meno questo ulteriore passaggio, si realizzano edifici meno durevoli e più pericolosi per chi ci vive. 

Gli impatti ambientali sono devastanti, perché si distrugge il sistema fisico con cui la natura trattiene l’acqua, le conseguenze sulle vite umane sono visibili quando si verificano i terremoti. La sabbia dei fiumi funziona come una spugna, contribuendo a ripristinare l’intero bacino dopo i periodi secchi, ma se viene rimossa in misura consistente, il ripristino naturale non basta più a sostenere il fiume, emergono così difficoltà di approvvigionamento idrico per uso umano e fa perdere vegetazione e fauna selvatica. Inoltre, portare via la sabbia dalle coste rende ancora più esposti quei territori che già subiscono gli effetti dell’aumento del livello del mare.

Lo sbiancamento delle barriere coralline. Numerose sono le barriere coralline che risentono del cambiamento climatico. Uno studio recente, apparso su Internazionale del 15 marzo 2024, fornisce una serie di dati relativi a una di esse che rappresenta solo il 10% di questo tipo di realtà marine, ma gran parte della altre dovrebbe trovarsi in situazioni analoghe. Si tratta della grande barriera corallina presente sulla costa orientale dell’Australia: lo sbiancamento è dovuto al riscaldamento delle acque del Pacifico, che negli ultimi mesi hanno raggiunto temperature da record a causa del cambiamento climatico e degli effetti del Nino.

Lunga oltre 2.300 chilometri, larga da 60 a 250 chilometri, la grande barriera corallina rappresenta appunto il 10% di tutte le barriere coralline del mondo. Oltre alla scogliera di corallo comprende centinaia di isole. Ospita migliaia di specie, tra cui spugne, più di seimila varietà di molluschi, 1.625 tipi di pesci, rettili marini, squali, oltre trenta specie di delfini e balene.

Il sito patrimonio dell’Unesco, ha subito negli ultimi otto anni cinque episodi critici. Lo sbiancamento avviene quando i coralli, sottoposti a stress a causa della temperatura, espellono le alche con cui vivono in simbiosi e che gli forniscono energia e nutrimenti. I coralli così diventano bianchi e se la situazione continua, possono anche morire. Secondo la Great barrier reef marine park autority sono in corso esami per determinare la gravità e la profondità del danno, che probabilmente varia notevolmente da una barriera all’altra.

17 aprile 2024

"EREDITA' DISSIPATE" A SANTA MARGHERITA BELICE

 


Sono davvero contento dell'invito che ho ricevuto: parlare di Gramsci, Pasolini e Sciascia nel paese del Principe che ha scritto "Il Gattopardo" è particolarmente importante per me. Sarà bello poi confrontarsi con chi lavora nelle scuole pubbliche da tempo e con tante donne!

LE REGOLE PER IL "PARCO UMANO" di PETER SLOTERDIJK

 



Peter Sloterdijk: Regole per il parco umano


È in uscita per Tlon Edizioni Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger di Peter Sloterdijk. Clonazione, scoperte geografiche e coscienza delle macchine, umanismo e pessimismo, mostri e metafisica sono solo alcuni dei temi che attraversano i dieci saggi che compongono questo affresco di filosofia e storia della cultura contemporanea.
Ne ospito qui un estratto.
***

Una risposta alla Lettera sull’“umanismo” di Heidegger

I libri, così ha detto una volta il poeta Jean Paul, sono delle lettere un po’ più consistenti inviate agli amici. Con questa frase ha definito con grazia e in modo essenziale, la natura e la funzione dell’umanismo: una telecomunicazione che istituisce amicizie attraverso il medium della scrittura. Ciò che dai tempi di Cicerone risponde al nome di humanitas è, sia in senso lato che in senso stretto, una conseguenza dell’alfabetizzazione. La filosofia, da quando è diventata un genere letterario, acquisisce nuovi adepti scrivendo in modo contagioso di amore e amicizia. Non solo è un discorso sull’amore di sapienza, ma vuole anche riuscire a conquistare gli altri a questo amore. Il fatto che la filosofia scritta possa farsi degli amici tramite i testi le ha permesso di mantenere il suo potenziale di contagio dai suoi inizi, più di 2500 anni fa, fino a oggi. Si è continuato a scrivere filosofia di generazione in generazione come se fosse una lettera a catena, e nonostante tutti gli errori di copiatura, o forse proprio grazie a questi, la filosofia ha sedotto copisti e interpreti con il suo influsso socializzante.

L’anello più importante in questa catena di lettere fu senza dubbio la ricezione degli invii greci operata dai Romani. Solo l’assimilazione romana ha reso comprensibile il testo greco per l’impero e perlomeno mediatamente lo ha reso accessibile alle culture europee più tarde, dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente. Certo gli autori greci si sarebbero meravigliati se avessero saputo quali erano gli amici che un giorno avrebbero ricevuto le loro lettere. Ma fa parte delle regole del gioco della cultura scritta che i mittenti non possano conoscere in anticipo i loro reali destinatari, e ciononostante gli autori si lanciano nell’avventura di inviare le loro lettere a degli amici non ben identificati.

Le spedizioni postali, che noi chiamiamo tradizione, non avrebbero mai potuto venire consegnate, se la filosofia greca non fosse stata codificata su rotoli di pergamena trasportabili. E i Romani stessi non sarebbero stati capaci di stringere amicizia con i mittenti di questi scritti, se i lettori greci non si fossero messi a loro disposizione, aiutandoli a decifrare le lettere venute dalla Grecia. L’amicizia che matura nella lontananza ha dunque bisogno di entrambe le cose: delle lettere e di quelli che le consegnano o le interpretano. Certo se i lettori romani non fossero stati pronti a stringere amicizia con le trasmissioni a distanza dei Greci, non ci sarebbero stati i riceventi, e senza l’entrata in gioco dei Romani con la loro grandiosa recettività, le trasmissioni greche non avrebbero mai raggiunto lo spazio dell’Europa occidentale, abitato ancor oggi da gente interessata all’umanismo. Non ci sarebbero così né il fenomeno dell’umanismo, né una parte significativa dei discorsi filosofici latini, né le più tarde culture filosofiche di lingua nazionale. Il fatto che oggi, qui, stiamo parlando in tedesco di questioni che riguardano l’uomo, lo dobbiamo non da ultimo alla prontezza con cui i Romani lessero gli scritti dei maestri greci come delle lettere inviate agli amici in Italia.

Se prendiamo in considerazione le conseguenze epocali della posta greco-romana, appare evidente la stretta parentela con lo scrivere, l’inviare e il ricevere testi filosofici. Certo il mittente di questo tipo di lettere d’amicizia spedisce i suoi scritti in giro per il mondo senza conoscere i destinatari, oppure, nel caso li conosca, è convinto che la trasmissione delle lettere continui al di là di essi, e possa provocare una molteplicità indefinita di amicizie possibili con lettori anonimi, che spesso non sono ancora neanche nati.

Dal punto di vista erotologico l’amicizia ipotetica tra lo scrittore di libri e di lettere e quelli che li ricevono, rappresenta un caso di amore a distanza. E proprio nel senso in cui lo intendeva Nietzsche, secondo il quale la scrittura è il potere di trasformare l’amore per il prossimo e per ciò che ci è più vicino in un amore per la vita sconosciuta, lontana e a venire. La scrittura non sarebbe solo un ponte telecomunicativo tra dei vecchi amici, che al momento dell’invio della lettera vivono distanti l’uno dall’altro, essa comporterebbe invece anche un’azione di seduzione nella distanza, una seduzione che si spinge verso l’ignoto. Detto con il linguaggio magico della vecchia Europa: la scrittura opera una actio in distans, con lo scopo di stanare l’amico sconosciuto, e di spingerlo a aderire al circolo degli amici. Il lettore che si cimenta con la “lettera più consistente” infatti può intendere il libro come una lettera d’invito e se si lascia sedurre dalla lettura finisce per entrare nella cerchia di coloro che sono chiamati a testimoniare della ricezione della trasmissione.

Si potrebbe ricondurre così il fantasma comunitario, che sta alla base di tutti gli umanismi, al modello di una società letteraria, i cui membri scoprono, attraverso le letture canoniche, il loro amore comune per dei mittenti che fungono da ispiratori. Nel cuore dell’umanismo così inteso scopriamo una fantasia di setta o di club, il sogno cioè della solidarietà destinale tra coloro che sono stati scelti perché capaci di leggere. Per il vecchio mondo infatti, fino alla vigilia dello Stato nazionale moderno, la capacità di leggere ha significato qualcosa come l’appartenenza a una élite basata sul segreto. Un tempo la conoscenza della grammatica veniva considerata in molti luoghi come il simbolo della fascinazione. E difatti già nell’inglese medievale dalla parola grammar derivò la parola glamour.[1] ciò vuol dire che chi è capace di leggere e scrivere sarà capace di fare anche altre cose impossibili. Gli umanizzati innanzitutto non sono nient’altro che la setta degli alfabetizzati e come in molte altre sette anche in questa vengono in luce dei progetti espansionistici e universalistici. Inoltre lì dove l’alfabetismo divenne fantastico e pretenzioso, nacque anche la mistica grammatica o letterale, la kabbala, animata dall’entusiasmo nell’osservare i tipi di scrittura usati dal creatore del mondo.[2] Dove invece l’umanismo divenne pragmatico e programmatico, come nelle ideologie classico-umanistiche degli Stati nazionali borghesi del xix e xx secolo, il modello della società letteraria si estese sino a diventare la norma della società politica. Da quel momento in poi i popoli si organizzarono all’interno di uno spazio nazionale in associazioni di amicizia forzosa, totalmente alfabetizzate e votate a un canone di lettura vincolante.

Accanto agli autori antichi, comuni a tutta l’Europa, vengono mobilitati ora anche i classici nazionali e moderni, le cui lettere rivolte al pubblico assurgono, grazie al mercato dei libri e alle scuole superiori, a fattori determinanti nella creazione delle nazioni. Che cosa sono infatti le nazioni moderne se non la finzione efficace di un pubblico di lettori che proprio grazie a questi scritti diventano una cerchia di amici affiatati? Il servizio di leva per la gioventù di sesso maschile, e il servizio di lettura dei classici per i giovani di entrambi i sessi, ecco ciò che caratterizza l’epoca borghese classica; quell’epoca dell’umanità armata e acculturata, cui oggi i nuovi e vecchi conservatori guardano con nostalgia, e contemporaneamente senza speranza, del tutto incapaci di elaborare un canone letterario mediatico-teoretico. Chi voglia farsene un’idea aggiornata dovrebbe riflettere su come sono falliti penosamente i tentativi di un dibattito nazionale, tentato di recente in Germania, sulla presunta necessità di un nuovo canone letterario.

In realtà gli umanismi nazionali, amanti delle letture, hanno avuto la loro epoca di fioritura dal 1789 al 1945. Al loro centro risiedeva, cosciente del proprio potere e compiaciuta di sé, la casta dei vecchi e nuovi filologi. Questi si sentivano incaricati di iniziare i nuovi arrivati al circolo di quelli che ricevono le autorevoli “lettere più consistenti”. In quest’epoca il potere degli insegnanti e il ruolo centrale dei filologi si fondano sulla conoscenza privilegiata di quegli autori che erano considerati i mittenti degli scritti che fondano la società. L’umanismo borghese per sua natura non è altro che il mandato di imporre alla gioventù i classici, e di sostenere la validità universale dei testi nazionali.[3] Le stesse nazioni borghesi sarebbero così in certa parte dei prodotti letterari e postali, finzioni di un’amicizia destinale con lontani connazionali, con lettori legati da un comune sentire, lettori di autori semplicemente appassionanti, propri e comuni nel contempo. Oggi quest’epoca appare irrimediabilmente perduta, ma non perché gli uomini non sarebbero capaci di adempiere al loro compito letterario a causa di una disposizione decadente. L’era dell’umanismo nazional-borghese è giunta a compimento perché l’arte di scrivere lettere che ispirino amore a una nazione di amici, anche se venisse esercitata in modo ancora così professionale, non sarebbe più sufficiente a tenere insieme il filo telecomunicativo tra gli abitanti di una moderna società di massa. Attraverso lo stabilirsi mediatico della cultura di massa nel Primo Mondo, la coesistenza degli uomini nelle società attuali è stata posta su nuovi fondamenti: dopo il 1918 con la radio, dopo il 1945 con la televisione, e oggi ancora più con le attuali rivoluzioni della rete informatica. Come si può facilmente vedere, questi fondamenti sono decisamente post-letterari, post-epistolari e di conseguenza post-umanistici. Se per qualcuno il prefisso “post” in queste formulazioni è troppo drammatico, può sostituirlo con l’avverbio “marginalmente”.

La nostra tesi allora consisterebbe nel dire che le grandi società moderne possono produrre le loro sintesi politiche e culturali solo marginalmente ormai attraverso i media letterari, epistolari e umanistici. Ciò non significa affatto però che la letteratura sia alla fine, essa piuttosto si è trasformata in una sottocultura sui generis, e sono passati i giorni della sua esaltazione come portatrice degli spiriti nazionali. Il legame sociale non è più, nemmeno in apparenza, qualcosa che ha principalmente a che fare con libri e lettere. Nel frattempo sono passati a condurre il gioco i nuovi media della telecomunicazione politico-culturale che hanno ridimensionato di molto il modello delle amicizie nate dalla scrittura. È finita l’era dell’umanismo moderno come modello di scuola e di formazione, poiché non ci si può più illudere di poter organizzare le macrostrutture politiche ed economiche in base all’amabile modello della società letteraria.

[1] L’espressione “magia, fascinazione” viene dalla parola “grammatica”.

[2] Che il segreto della vita dipenda strettamente dal fenomeno della scrittura è anche la grande intuizione della leggenda del Golem. Cfr. M. Idel, Le Golem, éd. du Cerf, Paris 1992; nella prefazione al libro H. Atlan si richiama al rapporto di una Commissione insediata nel 1982 dal Presidente degli Stati Uniti con il titolo Splicing Life. The Social and Ethical Issue of Genetic Engineering with Human Beings, i cui autori si rifanno alla leggenda del Golem.

[3] E naturalmente anche la validità nazionale dei testi universali.