28 gennaio 2013

IL CARDINALE RUFFINI, LA MAFIA E DANILO DOLCI

Il Presidente della Regione Siciliana Franco Restivo bacia le mani al Cardinale Ruffini




danilo-dolci-sciopero-per-lacqua-garcia-roccamena-1965.jpg (Archivio Casarrubea)






Oggi riprendo dal blog di Giuseppe Casarrubea un documento che mi sembra utile ricordare:


GIUSEPPE CASARRUBEA – IL CARDINALE RUFFINI, LA MAFIA E DANILO DOLCI 

A un anno di distanza dalla strage di Ciaculli e dalla nascita del centro sinistra di Aldo Moro, la Sicilia è sotto le attenzioni paterne del cardinale Ernesto Ruffini, nell’isola già da diciotto anni. Vi era stato inviato da Pacelli per placare quella terra in subbuglio che dopo Portella della Ginestra, non si era data più pace e sembrava oscillare tra innovazione e restaurazione. Il cardinale era arrivato come il cacio nei maccheroni, e sembrava proprio l’uomo giusto al posto giusto. Difatti la normalizzazione partiva da lontano.
Il 9 luglio 1945, quando la guerra era finita da un pezzo, una spia rivela che Pio XII “si fida unicamente dell’America e che le sue sole speranze di veder risorgere il mondo civile d’un tempo si basano sulla potenza degli Stati Uniti.” Ma “A chi lo avvicina spiega-  il papa appare molto preoccupato e fisicamente in cattive condizioni. Anche con i suoi intimi parla raramente. E’ nervoso, taciturno, chiuso in sé”.1 Che cosa provoca l’afflizione di Eugenio Pacelli? Le cause possono essere le più svariate. Sta di fatto che egli si sente accerchiato da forze ostili: l’Unione Sovietica ha vinto la guerra, la maggioranza della Dc spinge per la repubblica, mentre per lui la soluzione sta in casa Savoia. Poi c’è il governo unitario antifascista del Cln, presieduto da Ferruccio Parri. In ultimo, incombe il rientro in Italia dagli Usa di Luigi Sturzo, una vera spina nel fianco. La Chiesa cattolica siciliana è impersonata dal cardinale Lavitrano. Assieme al Comitato per l’indipendenza della Sicilia, composto da “fascisti, aristocratici e latifondisti”, costituisce l’ossatura di quella che Shepardson definisce “Operazione Sicilia” in quelle settimane. Del cardinale, il Sis si occupa anche nel marzo ’45, quando il prelato racconta ai giornalisti che “la sua presenza in Sicilia è necessaria fintanto che la situazione nell’isola non si sarà normalizzata. […]  I siciliani – osserva – non amano e non intendono fare della politica, ma mirano al raggiungimento del minimo indispensabile per vivere”. 2 In autunno il quadro generale è in netta evoluzione. Il cardinale Ernesto Ruffini è stato da poco nominato arcivescovo di Palermo. Il papa lo informa che, secondo gli angloamericani, né il comunismo né i partiti estremisti potranno mai governare l’Italia. La Sicilia godrà di una notevole autonomia con la possibilità di un sistema federale. Usa e Gran Bretagna controlleranno l’Italia per molti anni: “La ricostruzione e la futura prosperità dell’Italia sono decisamente basate su una politica di destra, che salverà il paese da ogni avventura rivoluzionaria o sovversiva”. Ruffini, pertanto, “dovrà sforzarsi di assicurare i siciliani che la Santa Sede segue con estremo interesse tutti problemi dell’isola”.3 Nel dicembre ‘45, sono i servizi americani ad occuparsi della Chiesa in Sicilia: “Il cardinale Luigi Lavitrano, arcivescovo di Palermo fino a qualche mese fa, e monsignor Ernesto Ruffini, arcivescovo eletto di Palermo, si sono incontrati con l’ammiraglio Stone,capo della Commissione alleata in Italia. La discussione è stata interamente dedicata alla situazione siciliana. A nome degli angloamericani, Stone ha ringraziato il Papa per la cooperazione ricevuta dalla Santa Sede, dai vescovi, dal clero e dai cattolici siciliani nel miglioramento delle condizioni dell’isola e nella promozione dell’unità con l’Italia; soprattutto, per l’aiuto dimostrato nella lotta al comunismo e ai gruppi della sinistra, formazioni che, a causa dei loro legami con l’Unione Sovietica, hanno tentato di creare una situazione pericolosa per l’isola. Al giorno d’oggi, il comunismo è stato sconfitto in Sicilia, mentre il separatismo ha perso consensi. Dal punto di vista politico, la Sicilia si sta ora spostando verso un centrodestra moderato. Ciò contribuirà a riportare la politica alla normalità, a ricostruire l’isola e a tranquillizzare gli angloamericani”. E questa è la linea alla quale lavora il nostro cardinale. Fino ai tempi di Danilo Dolci e del Gattopardo.

Per leggere il testo integrale della Pastorale del cardinale (1964), clicca qui: Cardinale Ruffini su Dolci

1Cfr. Acs/Sis, b. 55, f. MP23/Città del Vaticano, 9 luglio 1945, segreto. 2 Cfr. Acs/Sis, b. 55, f. MP23/ Città del Vaticano, 12 marzo 1945, segreto. 3Cfr. Nara, rg 226, s. 174, b. 1, f. 1, Telegramma, 22 ottobre 1945, segretissimo. 4Cfr. Nara, rg 226, s. 174, b. 1, f. 2, Telegramma, 27 dicembre 1945, segretissimo.



P.S. : Mi pare opportuno aggiungere al testo di Casarrubea  un breve articolo da me pubblicato tanti anni fa sul periodico CNTN:

DANILO  DOLCI  E  IL  CARDINALE  RUFFINI.


              “ In  questi ultimi tempi (…) è stata organizzata una grave congiura per disonorare la Sicilia; e tre sono i fattori che maggiormente vi hanno contribuito: la mafia, il Gattopardo, Danilo Dolci.”
                E’  questo l’incredibile inizio della famosa lettera pastorale, intitolata “II vero volto della Sicilia”, che il Cardinale Ernesto Ruffini la domenica delle Palme del 1964 fece circolare in tutte le chiese della Regione.
                Per comprenderne bene il significato e valutarne tutta la portata ed il valore bisogna collocarla nel tempo in cui è stata concepita e diffusa.
                Francesco Michele Stabile, fra tutti gli storici, mi sembra quello che con maggiore obbiettività ha saputo farlo grazie anche alla possibilità che ha avuto di consultare direttamente fonti di prima mano, compresi alcuni manoscritti inediti, conservati nell’Archivio dell’Arcidiocesi di Palermo.
               Si tratta, secondo lo stesso Stabile, di un  “documento del clerico-sicilianismo” ( I Consoli di Dio, Sciascia editore, 1999, pag. 476)  che, spostando l’attenzione sull’onore della Sicilia, considera più pericolosi dei mafiosi tutti coloro che, in un modo o in un altro, mettono a nudo le piaghe dell’isola. Tra questi ultimi, in quegli anni,  si erano particolarmente distinti Danilo Dolci con le sue clamorose iniziative e  il principe Tomasi di Lampedusa col suo romanzo postumo “Il Gattopardo” diventato un film di successo nel 1963.
               E’ vero comunque che siamo davanti al primo documento ufficiale della Chiesa Cattolica in cui si parla di mafia anche se, in  sintonia con le idee dominanti del tempo, l’immagine che se ne dà è molto generica e riduttiva. Al Ruffini sfugge del tutto il fatto che la mafia siciliana è stata sempre espressione diretta delle classi dirigenti e, per questo, organicamente inserita nel sistema di potere con connivenze a vari livelli. ( Stabile, op. cit., pag. 479).
               Alla vecchia ideologia sicilianista, utilizzata nel  secolo precedente dal “Comitato Pro-Sicilia” per  difendere l’On. Palazzolo dall’accusa  di essere il mandante dell’omicidio  Notarbartolo, il Cardinale Ruffini aggiungeva il suo preconciliare integralismo cattolico che gli impediva di capire e valorizzare lo spirito critico e creativo presente nel mondo laico.




4 commenti:

  1. In un discutibile articolo apparso qualche giorno fa sulle pagine palermitane di Repubblica si fa un cenno alla cosiddetta "macchina del fango" che si mise in moto contro Danilo, secondo il giornalista male informato, all'indomani del divorzio del sociologo da Vincenzina. In realta' quella "macchina" - se vogliamo usare questa espressione - cominciò a muoversi subito dopo l'arrivo di Dolci in Sicilia. E tra i più attivi ad alimentarla un posto rilevante occupa il Cardinale Ruffini!

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  2. Caro Calogero, cose vere, cose false e cose meno vere. Ricordo il Ruffini nel 1945/46. Magari qualcuno ad Agrigento aveva attentato alla vita del principesco vescovo Peruzzo (addirittura un frate a Santa Stefano Quisquina). Si pensava che primate di Sicilia dovesse essere proprio il Peruzzo, invece il papa mandò Ruffini. Figurati se posso avere stima e fiducia nei papi e in papa Pacelli in particolare. Ma era chiaro che l'America, la mafia, Portella, Giuliano non ci entravano per nulla. Mie ricerche nell'archivio vaticano segreto mi portano molto lontano. Quanto al connubio Pacelli-America nulla di più falso di quello che leggo. Pacelli aveva un religioso terrore dei comunisti. Iniziò la sua crociata con il microfono di Dio (padre Lombardi) e la peregrinatio Mariae. Divertente la pagina di Sciascia nelle Parrocchie in proposito. Eppure proprio la settimana scorsa sfogliando un faldone del SIS seconda sezione all'ACS di Roma leggo tutto un carteggio su questa storia qui. Gli americani volevano un gemellaggio America-Vaticano nella lotta al Comunismo. Pacelli si oppose sdegnosamente. Peraltro non amava il capitalismo massonico e sionista di Washington. Il sostituto Montini sospinse il Della Torre dell'Osservatore Romano a scrivere una trentina di frasi piuttosto ambigue quanto ad anticomunismo. Vi si palesava addirittura della simpatia. Successe un finimondo. Etc. Quello che aggiungo io è questo: con tanta dovizia di documenti e prove storiche perché continuare a crogiolarsi nell'orgia dei luoghi comuni di quel tempo del primo dopoguerra degli anni '40. Mi fa piacere che anche lo stesso prof. Casarrubea mi scriva che occorre un salto di qualità nella ricostruzione storica del secolo scorso, specie alla luce delle nuove possibilità di ricerca e dei nuovi strumenti anche informatici, della ricostruzione del recente quadro storico (tutto ancora a definire).

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  3. Caro Calogero, le tue osservazioni critiche sulla documentazione prodotta da Giuseppe Casarrubea vanno rivolte all'autore. Dal mio punto di vista, pur condividendo con te l'esigenza di porsi senza paraocchi nella faticosa ricerca della verità storica, mi pare utile rileggere criticamente la famosa lettera pastorale che Ruffini fece leggere in tutte le Chiese siciliane la domenica delle palme del 1964.

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  4. mio padre il suddetto cardinale lo chiamava RUFFIANO.... mio padre era cattolico ma si allontanò dalla Chiesa quando nel '55 il prete, padre Corso, della nostra parrocchia a Partinico, si rifiutò di battezzare mio fratello Giuseppe nato da pochi giorni perché il padrino designato era il figlio quattordicenne del preside del liceo classico Nanà Lo Bianco, cugino di mio padre e personaggio di spicco del partito socialista a Partinico.... era il periodo del maccartismo in cui il papa Pio XII° aveva scomunicato tutti quelli di sinistra...
    Giovanna Nobile

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